Un artista testimone del silenzio di Antonio Filippetti

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Scritto da Antonio Filippetti   
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Le vie attraverso le quali si sviluppa e manifesta la creatività di ciascuno sono diverse e talvolta persino imper­scrutabili nel senso cioè che ogni volta che il talento si mette all'opera percorre strade quasi mai attese o predestina­te. Di conseguenza alcuni artisti animano il proprio lavoro anche mediante il confronto col mondo "terzo", vale a dire in sinergia con il grado di accoglienza o ripulsa che la loro opera suscita di volta in volta nelle diverse proposizioni, men­tre altri preferiscono il silenzio del fare operoso, distaccato e avulso per così dire dal contesto, alla perenne ricerca forse di una completezza o perfezione che solo il tempo futuro potrà poi eventualmente inverare o suggellare.
Corrado De Benedictis ha scelto questa seconda strada, nel senso che ha inteso privilegiare nel corso del tempo l' "hortus conclusus" della propria creatività, trovando anzi la propria ragione d'essere (d'essere artista beninteso) nel chiuso di una ricerca continua ma silenziosa: un "vizio" che l'artista ha praticato e forse anche privilegiato lungo un arco di tempo assai lungo, diversi decenni durante i quali con ammirevole ostinazione ha continuato a lavorare e pro­durre al di fuori degli schemi precostituiti del mercato e, cosa ancora più egregia, al di là del richiamo delle sirene della popolarità o del successo di giornata. E' accaduto così che se ne sia stato a riflettere sulle sue esperienze, producendo ma anche distruggendo parte delle proprie elaborazioni nella ricerca della realizzazione di un "prodotto finito" che lo appagasse in pieno e nel tempo.
Le prime opere di De Benedictis risalgono agli anni settanta e da allora l'artista non ha mai smesso di lavorare e pro­durre come si diceva in una dimensione appartata, privilegiando la continuità della ricerca ai clamori del "compiuto".
Oggi, a distanza di circa quarant'anni, il cammino di questa artista presenta per così dire il conto di una operazione lunga e fruttuosa e rileva connotati notevoli e sostanziosi in linea si direbbe con quanti hanno lavorato e innovato nel senso migliore del termine. Questa pubblicazione intende rendere almeno in parte testimonianza dei risultati di tale percorso che pur restando aperto ad ulteriori inevitabili esplorazioni e suggestioni, delinea in maniera efficace l'orien­tamento attraverso cui si è esplicato finora il suo lavoro.
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Gli esordi sono qui rappresentati dalla produzione per così dire schiettamente figurativa ma si badi bene che De Benedictis si muove nel solco di una disposizione anche mentale che tende a realizzare un progetto innovativo, si direb­be quasi una neo-figurazione nella quale le forme stesse assumono una originalità peculiare, ravvisabile specialmente nella definizione del nudo femminile, mai banalmente icastico e semmai tendente a proporsi come sbocco di ricerca, sempre inquieto e nel contempo immerso in un sentimento di pensoso mistero.
Questa predisposizione iniziale si apre col passare del tempo ad altre esperienze dettate non solo dalla ricerca interiore ma anche naturalmente dall'osservazione del mondo "fuori di sè", dall'essere cioè l'artista testimone e protagonista del pro­prio tempo; ed è allora naturale registrare una significativa evoluzione e l'aspirazione a conseguire una nuova sintesi: la tavo­lozza declina verso orizzonti "paesaggistici" aperti e misteriosi pur se densi di fascinazione, nella speranza di ritrovare, attra­verso un "cromatismo dell'anima" una definizione più rassicurante o almeno riconoscibile dell'essere, l'aspirazione quasi tenera e smarrita a comprendere il silenzio del mondo intorno a noi. E' come se l'universo si andasse via via rinchiudendo, in un complicato e incomprensibile miscuglio caotico laddove l'artista continua a reclamare l'ordine di un sentimento asciutto ed essenziale e tuttavia necessariamente aperto a nuove integrazioni e interpretazioni. Qui viene anche a maturazione una riflessione civile ed esistenziale che spinge l'artista ad una elaborazione più densa e inquieta, in un coacervo di sensazioni polivalenti e dolorose che si esprimono in un contesto apparentemente (o dichiaratamente) astratto o surreale e che tutta­via rende ragione di uno sgomento discreto e al tempo stesso fragoroso.

Nella storia dell'arte, anche recente, le scelte ed i destini che hanno accompagnato gli artisti sono stati i più diversi: alcuni hanno conosciuto un meritato successo mentre altri, forse i migliori, hanno dovuto attendere a lungo per vedere riconosciuto il proprio talento. Ma vi sono anche casi di "rifiuti" straordinari e clamorosi come quello, per fare un solo esempio, di cui si fece protagonista l'ischitano Luigi De Angelis che rifiutò il successo che gli avrebbe assicurato la stima e la considerazione di Andrè Salmon (il teorico del cubismo) disposto ad organizzargli grandi mostre a Parigi, preferendo di rimanere semi-sconosciuto o ignorato del tutto nella sua isola dove faceva di professione il barbiere. Altri (tanti) sono stati viceversa fagocitati dal successo mercantile disperdendo più che ritrovando il senso e la qualità del proprio ingegno e sono ormai delle cause perse ai destini dell'arte. La mercificazione del prodotto artistico prima e la globalizzazione onnivora poi, hanno indubbiamente arrecato un danno esiziale alla creatività poichè hanno determinato falsi miti e soprattutto aspettative fasulle. Un artista come De Benedictis ha rifiutato scientemente richiami illusori ed ha preferito continuare il suo lavoro obbedendo alle proprie ragioni interiori piuttosto che alle lusinghe del consumismo. In questo dando ragione ad Hernst Gombrich, il grande storico dell'arte, quando affermava che "al tempo d'oggi gli artisti fanno molte chiacchiere ignorando che al loro lavoro e necessario il silenzio". In una società come quella attuale, dove non solo sotto l'aspetto artistico, tutto sembra ridursi ad una rissa da barac­cone e per consuetudine (o necessità) occorre alzare la voce per farsi vedere e sentire tralasciando la consistenza di ciò che si intende affermare o veicolare, la determinazione a privilegiare il valore del silenzio operoso, come fa De Benedictis, appare di per sè un segno di grande spessore intellettuale, un marchio di onestà che è poi anche la cifra più genuina di un vero talento artistico.